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DA SCUTARI CON FURORE: KLAUDIO NDOJA “IL GLADIATORE”
CARLO PEDRIELLI — 8 GENNAIO 2015
“Col gommone è arrivato il nostro goleador: Tare gol, Tare gol, Igli Tare gol!”
Non è discriminazione, men che mai razzismo: siamo a Bologna, dove la cultura sportiva accarezza e abbraccia l’ironia. Stagione 2004/05, parliamo dello sport minore per eccellenza e la punta albanese era presto diventato l’uomo di punta dei tifosi rossoblù, non certo per le reti segnate (pochissime), quanto per la dedizione alla squadra. Finito un girone di ritorno orrendo, l’ancora di salvezza furono i play-out col Parma: proprio un colpo di testa di Tare sbloccò la gara di andata, prima che, qualche giorno dopo, Cardone e Gilardino firmassero il patatrac. Al “Dall’Ara” 30000 ammutoliti, nell’anno più agrodolce dello sport bolognese: in settimana, il celeberrimo tiro da 3 punti di Ruben Douglas aveva consegnato al Forum vittoria e scudetto per la Fortitudo.
“Si scherza, ma fino a un certo punto” mi potrebbe dire Klaudio Ndoja, primo giocatore albanese della nostra serie A, super protagonista dell’annata della Tezenis Verona in A-Gold. Farebbe bene. Perché lui, con il gommone, ci è venuto sul serio.
Non perché il Vllaznia della sua Scutari non gli potesse garantire in un futuro una certa visibilità, intendiamoci. Un paio di settimane fa i ragazzi hanno pure vinto la coppa d’Albania contro il Kamza Basket, all’interno di un campionato a 6 squadre. Ma lì eravamo nel 1998, c’era la guerra civile, “giocare nel giardino di casa era troppo pericoloso, perché ci cadevano i proiettili di fianco”. E allora via, con mamma Katina, papà Paulin e Alba, la sorellina. Da Shkodra, “la Firenze dei Balcani”, Klaudio e famiglia si dirigono a Valona, pronti a imbarcarsi su uno scafo nel classico viaggio della speranza, del terrore. La paura è lancinante, sono in tantissimi, cala la notte e tutti sanno che per una mezza falla sarebbe finita davvero. Sbarcati in Salento, senza documenti e con pochi soldi, nel giro di qualche giorno gli Ndoja riescono finalmente a raggiungere un parente a Reggio Emilia. Un’esperienza che Klaudio vorrebbe non ricordare, né raccontare. Ci mancherebbe pure.
Siamo solo all’inizio. Dall’Emilia ci si sposta in Lombardia, si cambia casa quattro, cinque volte nell’Hinterland milanese, Bollate, Cornaredo. “In quel periodo era come non esistere: niente scuola, niente amici, niente di niente. Andavo al campetto a giocare, perché ho la pallacanestro nel sangue. Ma sempre con il terrore di essere scoperto e rimpatriato.” La ruota gira, però: il babbo trova presto impiego come meccanico, la mamma comincia a lavorare in lavanderia.
Dalla sua pagina facebook
Soprattutto, grazie al già citato Don Marco e a Coach Alberto Sacchi, Klaudio trova posto a Desio prima, nella squadra dell’oratorio, e a Casalpusterlengo due anni dopo, finendo le giovanili ed esordendo, appena maggiorenne, con la B1 di Danilo Gallinari e Pietro Aradori. Tre anni splendidi, un quarto “mediocre” che vedrà il suo epilogo a Sant’Antimo. Da qui, Ndoja inizia il suo personale giro d’Italia che lo porterà a conoscere le mete più disparate: Borgomanero, Capo D’Orlando nel 2007-08 – prima stagione in Serie A -, Scafati, Jesi, Ferrara, Brindisi e Cremona, fregiandosi pure della (virtuale) fascia di capitano. Per ultima Verona, dicevamo, dove le cose stanno andando bene: testa della classifica e convocazione per l’All Star Game dell’A2. In qualche vecchia intervista era venuto fuori anche il discorso NBA: all’alba dei 30 anni, però, “Il Gladiatore” si sente a posto così.
In maglia Jesi
La gara del tiro da 3 vista un paio di giorni fa a Mantova può rappresentare una ciliegina sulla torta di una carriera incredibile. Non è che una goccia nel vaso. A Borgomanero la lega2, a “Capo” la Serie A, a Ferrara la stagione migliore da un punto di vista statistico, 14.7 punti in 34’ nel 2010/11. “Lì ho giocato la partita più bella della mia carriera, finora. All’ottava di ritorno con Reggio Emilia abbiamo vinto una gara fondamentale per la salvezza, raggiungendo il supplementare con un canestro all’ultimo secondo dei 40’ di gioco, e vincendo con una magia di Farabello poco prima dello scadere dell’Overtime, in una partita dove ero riuscito a fare 29 punti. Memorabile” A Brindisi la coppa Italia di A2 e, sempre nel 2012, una storica promozione in serie A: due anni splendidi conclusi malissimo, con una separazione tutt’altro che consensuale e denunciata, anche a mezzo Facebook, dallo stesso Ndoja. “Ero molto deluso, non meritavo questo. Non hanno neppure provato a farmi un’offerta, per la regola dei 7 stranieri e la riduzione del budget… anzi, mi hanno detto che sarebbe stata offensiva.” Senza pensare che l’uso del social gli avrebbe potuto causare delle ripercussioni dalla Federazione. Ma Klaudio è schietto, sincero, voleva solo salutare un pubblico speciale che gli aveva creato cori e striscione: “Tutto il resto, è Ndoja!”
Solo nel 2012 l’ala di Scutari ritrova la maglia della Nazionale, della quale non è neppure il giocatore più rappresentativo (c’è Ermal Kuqo, per anni colonna portante dell’Efes Pilsen). Con le giovanili aveva vinto, da top-scorer ed MVP, il campionato europeo under 18 ’Division C’. E così, mentre il buon Igli Tare ora è diventato DS della Lazio, diplomandosi a Coverciano con il massimo dei voti, Klaudio sogna nel proprio futuro di poter diventare allenatore. Dopo quel tragico tratto Valona-Lecce, non ci sarà nulla di più semplice: un mondo migliore è possibile, che vada oltre le differenze, e le lacrime di ieri. Dobbiamo crederci.